Viola Di Grado (ph.Nerina Toci)
Credo che un giorno, da anziana (se ci arriverò), rimpiangerò di non essere mai stata giovane. Avrò la voce stentata, barcollante, quando racconterò come ogni anziano ricordi lontani, perché riconoscerò con precisione in ogni ricordo l’assenza di giovinezza, e il desiderio di giovinezza, e l’incapacità di giovinezza, come una specie di invalidità dell’anima che non riesce a stare a pelo d’acqua, sta sempre in apnea in un posto molto antico e molto profondo, limaccioso, oscuro, dove gli anni sono sempre centomila, affastellati come conchiglie sferraglianti, e il volto interno è rugoso, immerso in un silenzio un po’ stanco, pieno di parole, eppure indicibile.
Nelle lettere ai miei genitori, a cinque anni, mi firmavo: signorina delle malinconie. Malinconia, dal greco μελαγχολία, significa “bile nera”, e il mio sogno ricorrente all’epoca era un mare nerissimo in cui non riuscivo a stare a galla. C’era un grande schermo televisivo sospeso sul mare: immagini allegre, febbrili, vibranti, pop, che mi incuriosivano molto ma non mi riguardavano in modo sostanziale: era il mondo, era il mio sguardo puntato sul mondo senza aggrapparsi. Era, dunque, la scrittura.
Io ero quella che prendeva un breve respiro e poi tornava giù. Nel nero senz’aria. Bile nera. Dove non c’è giovinezza, nemmeno a cinque anni (ma, ehi, ci sono tante altre cose). Youth, dall’old english geoguð, indicava in particolare i giovani guerrieri. Se non sai essere giovane sei guerriero disarmato. Mani nude nella bile nera. Cos’è, d’altronde, la scrittura, se non un dar forma, senza armi tranne il pensiero, alla bile nera? E che pace, in fondo, nel nero non-avere-giovinezza. É la resa di un conto alla rovescia, è una linea dritta che somiglia al mare da lontano. Scriveva Shelley: “dicevano che l’età era verità, e che i giovani guastavano con selvagge speranze la pace della schiavitù”. Chi sia più libero, il giovane o il mai-giovane, è un mistero che non ha senso, almeno per me, scandagliare. Io prendo un altro respiro e, nel mio nero, continuo a nuotare.
Viola Di Grado*
*Viola di Grado (1987) è l’autrice di Settanta Acrilico Trenta Lana (2011) – vincitore del premio Campiello Opera Prima e del premio Rapallo Carige Opera Prima e finalista all’IMPAC Dublin Literary Award – e di Cuore Cavo (2013), finalista al PEN Literary Award. Ha vissuto a Kyoto, Leeds e Londra, dove si è laureata in Filosofia e dell’Asia orientale. Fuoco al Cielo, pubblicato da La Nave di Teseo, è il suo ultimo romanzo. I suoi libri sono tradotti in otto Paesi.