Nel gennaio del 1926 Thomas Mann arriva a Parigi in compagnia della moglie Katia Pringsheim. Vi trascorre nove giorni costellati di incontri ufficiali, conferenze, cene e conversazioni con gli esponenti del mondo politico e intellettuale francese; giorni durante i quali lo scrittore si immerge nella ‘dolce aria di Parigi, satura di sole pallido e di nebbia argentata’.
Le riflessioni sul viaggio in Francia e i dialoghi con diplomatici, romanzieri, filosofi e critici letterari sono raccolti in Resoconto parigino (2021, L’Orma Editore, traduzione di Marco Federici Solari) che non è solo un diario di annotazioni per non dimenticare ma una sintesi compiuta e articolata dalla quale affiora la complessità della dialettica politica, il rapporto tra Francia e Germania alla fine della Grande Guerra, il dibattito sul concetto di unità europea e lo scontro ancora aperto tra democrazia e nazionalismi.
Le voci degli illustri personaggi si alternano a quella dell’autore che solo due anni prima ha pubblicato La Montagna magica (1924) e ancor prima, nel 1918, quelle Considerazioni di un impolitico da cui successivamente prenderà le distanze ma che ancora, nelle pagine di questo diario, ispirano riflessioni e alimentano il dibattito su concetti e termini da rielaborare e aggiornare alla luce della storia.
Il fascino della cultura occidentale
”Tutto il fascino aristocratico della cultura umanistica occidentale”, come egli stesso scrive, si rivela nella descrizione dei singoli incontri accomunati quasi del tutto dal tema delle nazioni, dal continuo confronto tra la cultura tedesca e quella francese, dalle profonde differenze delle rispettive letterature da inquadrare e rimodulare nell’ottica di quell’universalismo in cui si possono incontrare senza difficoltà.
Sin quasi dall’incipit si legge come ”agli occhi del sognatore la realtà appaia più onirica di qualunque sogno e possegga una forza di seduzione più profonda di quella della fantasia” e con questa affermazione Thomas Mann introduce subito un altro tema che permea il Resoconto: la riflessione sull’essenza della letteratura con continui rimandi a saggi, citazioni di opere e riferimenti a quelle caratteristiche che delineano le espressioni culturali di un popolo.
Di quello tedesco, ad esempio, Thomas Mann sottolinea il legame profondo con le potenze dell’inconscio, con le tenebre e una tendenza all’abissale, all’informe e al caos che rende i tedeschi ”degli eterni bambini difficili”.
I luoghi
A far da cornice alle impressioni dello scrittore c’è naturalmente la bellezza e l’eleganza di Parigi con il giardino delle Tuileries, l’Opera Garnier, la piazza davanti al Pantheon con la biblioteca di Sainte-Geneviève, la ”grandiosa spiritualità crepuscolare” di Notre-Dame, Place de Vosges che l’autore descrive come la più vivida di tutte le piazze e, ovviamente, il Louvre.
La veloce visita al museo è occasione per immergersi nelle ”forze spirituali” custodite entro quelle mura e al contempo concedersi una riflessione sull’uomo che, nonostante sia capace di massacrare i propri simili, è sempre riuscito a creare capolavori.
La parte divina che produce le opere d’arte non si può dissociare da quella bestiale. La santità e lo spirito non producono quadri ma è l’anima, fatta di peccato e di sensualità, che se ne incarica.
La dialettica vita-arte
Così la dialettica vita-arte, nonché il rapporto tra politica e letteratura, percorrono questo breve e preziosissimo resoconto, testimonianza della contemporanea crisi di coscienza di un’epoca che si interroga sulla possibilità di un nuovo umanesimo. Perché, dopo tutto, ”a Parigi la civilizzazione mondiale infuria e scintilla solo in superficie; al di sotto tutto è cultura, Storia, antichità”.
Eliana Cupiccia