«Nella scienza come nell’arte il momento creativo è quello che feconda, all’interno di uno scenario di vincoli consolidati, le vie possibili, i giochi che possono darsi solo in presenza di alternative con vari gradi di impraticabilità».
“La resistenza del mondo. Connessioni (in)attese tra scienza ed arte”, Ignazio Licata, Divergenze Ed. 2021
Lezione di metodo più che semplice vademecum sul dialogo fra le due culture, l’ultimo libro di Ignazio Licata, La resistenza del mondo, Editrice Divergenze 2021, si presenta come una ponderata riflessione sulle condizioni perché possa esistere un dialogo fra scienza e culture umanistiche.
Opera d’arte e teoria scientifica
Escludendo tutti gli approcci ingenui fra opera d’arte e teoria scientifica, che l’autore definisce “a valle” del processo di conoscenza, il percorso del testo esamina invece le analogie o somiglianze “a monte”, a partire proprio dal fatto che entrambe le creazioni sono frutto di un procedimento concreto, che si avvalgono di una sintassi vincolante ( anche l’arte, ovviamente), che si sostengono su un principio di unità e di coerenza interna, e che sono entrambe disperatamente orientate verso il reale, per cercare di comprenderne anche solo un pezzetto.
La letteratura che aspira all’oggettività
L’autore, mostrando competenza e passione non solo per la letteratura, ma per l’arte e la musica, si ferma prima sulla letteratura che incontra la scienza e aspira all’oggettività, e poi alla scienza che incontra l’arte, e percepisce, all’inizio con orrore, la sua soggettività.
Quindi analizza opere in cui la scienza diventa l’oggetto, come nel famoso quadro di Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp, o nel capolavoro Las meninas di Velasquez, e il distacco da sé e la ricerca di una nuova oggettività diventano i risultati della nuova arte, quella che per comodità chiamiamo moderna; così come la non eliminabilita’ della variabile soggettiva, cioè della figura dello stesso sperimentatore, e quindi l’incertezza sono la conquista della scienza del Novecento.
La questione della ”realtà”
A questo punto l’autore si ferma e affronta il nucleo rovente della questione che è la realtà, cioè la necessità di affrontare il problema della realtà a prescindere dalla metafisica e dalle astrazioni, che non hanno più campo nella cultura contemporanea. E dunque si inoltra nella questione della coscienza, eliminando il riduzionismo ingenuo e sciocco (ma ci sono ancora riduzionisti così?) per arrivare all’evoluzionismo neurale di Tononi-Edelmann, che assieme al lavoro di Anderson, è il punto più avanzato delle teorie scientifiche sulla formazione evolutiva della coscienza umana.
La letteratura non parte da nessuna metafisica
Il discorso sul caso come evento, come generatore di senso e di osservazioni per l’uno e per l’altro campo del sapere, diventa l’affermazione più importante: l’ossessione del dettaglio, su cui è costruita l’intera letteratura classica occidentale si rivela esattamente questo: la scoperta che la grande letteratura non parte da alcuna metafisica, ma solo da un’istanza di coerenza formale e dall’osservazione di casi, dall’osservazione, instancabile, dettagliata, ripetuta, infinita, che non è altra cosa dall’osservazione galileiana.
E questo modo, antispeculativo, antimetafisico, si potrebbe aggiungere, nasce con Omero ed è il costituente primo della cultura greca e poi occidentale, per cui la grande arte, così come la grande scienza, è da sempre un superamento nella prassi di qualsiasi astrazione.
Nella fisica ”tutto può succedere”
E poi c’è tutta la parte scientifica, nella quale l’autore fa a pezzi quella certezza anacronistica della scienza, che non le appartiene più, dai tempi di Gödel e Cantor in matematica, Planck e Heisenberg in fisica, mostrandoci come la fisica, oggi, non sia più il campo della regola ma un territorio dove tutto può succedere.
“Eresia del fare”
L’ incontro delle due culture, ci dice in conclusione l’autore, è già nei fatti: una conoscenza aggiornata e non anacronistica di entrambe le culture, anche se si opera in una delle due, è necessaria e presuppone l’acquisizione di un metodo, che l’autore chiama “eresia del fare”, basato sulla conoscenza dettagliata del contesto specifico ma anche sulla capacità di avvicinarsi all’altra parte, lo scienziato all’artista e l’artista allo scienziato, in un anelito di fusione sempre frustrato e sempre impossibile, come la tensione verso l’infinito dell’animo eroico di un Giordano Bruno.
Un libro necessario per capire il mondo
Pertanto La resistenza dell’aria è un libro necessario per capire il mondo presente, e per cercare di superare gli steccati eretti da una burocrazia accademica, è questo il tema dell’ultima parte del libro, che ama la tecnica ma non ama le novità culturali, e quindi la conoscenza, che è sempre novità.
L’anno scorso, in un altro contesto, pubblicavo sullo stesso argomento un pamphlet in inglese dall’esplicito titolo Against donkeys and pedants, nel quale sostenevo che, nelle facoltà umanistiche come in quelle scientifiche, l’aderenza a un modello prestabilito di comunicazione, dalla redazione della tesi all’elaborazione di un articolo da pubblicare su riviste specializzate, fosse ormai diventata il vero obiettivo di tutte le pubblicazioni universitarie, caratterizzate spesso da un bassissimo indice di innovazione e di creatività, e da un alto indice di politically correct.
La pura osservazione del reale
Dall’altra parte il successo dei donkeys nei social media, come è divenuto evidente con la pandemia, è dovuto proprio all’allontanamento siderale dell’élite universitaria dal vasto pubblico, nella forma e nella sostanza; da qui la necessità di ritrovare l’impulso e la motivazione dell’attività scientifica e letteraria a partire dalla pura osservazione del reale, che nelle facoltà di lettere (la lettura completa dei testi) e nelle facoltà scientifiche (l’osservazione dei fenomeni naturali) sembra ormai latitare
Maurizio Clementi*
*Maurizio Clementi è docente liceale e universitario, critico letterario (suoi saggi sono apparsi su “Atelier”, “Bibliomanie” e “Yale Italian Poetry”), curatore di antologie scolastiche (Da Tucidide a Primo Levi. La guerra), traduttore (Kahlil Gibran. Aforismi; Poesie scelte di Gerard Manley Hopkins), poeta (Il giglio nel dirupo, Premio Selezione Viareggio 2000). Per Mimesis ha scritto: L’inesausto grembo.La poesia dell’ultimo Leopardi (2018) e Le matrici della natura. Tredici quesiti su letteratura e realtà (2021).
Ignazio Licata è fisico teorico ed epistemologo presso l’Institute for Scientific Methodology di Palermo. Allievo di David Bohm, le sue ricerche riguardano i fondamenti delle teorie fisiche, le origini quantistiche dell’universo e la fisica dell’emergenza. Nel 2008 riceve il Premio “Le Veneri” per l’attività di seeding culturale sui temi dell’interdisciplinarietà. Ospite al Festival della Filosofia 2004 e 2011, si occupa dei rapporti tra arte, scienza e letteratura e ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali la curatela di Beyond peaceful coexistence; the emergence of space, time and quantum per l’Imperial College Press (2016) e il saggio Complessità. Un’introduzione semplice (Di Renzo, 2018).