Wolfgang Pauli, tra terra e cielo
Se la conoscenza deve generare nuovi comportamenti etici ed economici, cosa di cui
c’è un estremo bisogno e che la pandemia di Covid19 ha reso ancora più urgente,
deve svilupparsi non soltanto in astrazione ma attorno all’albero terrigno della triade
pulchritudo-amor-voluptas, che Edgar Wind individuava come direttrici del
Rinascimento fiorentino e terreno d’emergenza di valori etici e culturali e di criteri
estetici. Lo psichiatra austriaco Viktor Frankl, superstite dei campi di concentramento
nazisti, riconosceva che il bisogno di significato è largamente indipendente da altri
bisogni, e dunque può convivere con idee e metodi che utilizziamo per stare al mondo (vedi: L'uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti, Franco Angeli, 2017). Questo bisogno è alla base delle manifestazioni umane più varie e complesse, dalla fede di Padre Kolbe alla cecità dei popoli sotto dittatura, dalla resistenza del partigiano Johnny alle truffe e al plagio. Forse, aggiungerebbe ‘zio’ Bill Burroughs, il significato con le sue trasformazioni è il vero virus della nostra
specie, e Dostoevskij concluderebbe: «Amare la vita più del senso della vita? Proprio
così: amarla prima della logica, come dici tu, assolutamente prima di ogni logica, e
solo allora se ne afferrerà il senso (…) Giacché il segreto dell’esistenza umana non è vivere per vivere, ma avere qualcosa per cui vivere.» (I fratelli Karamazov).
Sogni e simboli
Quanto e come sconfinare dai territori della razionalità condivisa è un fatto di
sensibilità e cultura, richiede di saper mettere tra parentesi le conoscenze acquisite,
ma anche di cancellare tutto se le parentesi si dilatano eccessivamente senza alcuna
correlazione effettiva con il testo all’esterno. Wolfgang Pauli dava una grande
importanza ai sogni e ai simboli che il suo inconscio generava in quantità industriali
(vedi: A. Miller, L’equazione dell’anima, Rizzoli). Quando si presentò in terapia da
Jung per uscire dalla condizione alla Dott. Jekyll / Mr. Hyde in cui era caduto –
impeccabile fisico-matematico all’ETH di giorno, alticcio vagabondo per locali
equivoci nella notte zurighese – Jung ne scrisse come di “una miniera di materiale
arcaico incontaminato”.
La dialettica archetipale del tre e del quattro
In effetti è possibile stabilire una correlazione tra le fantasie
“irrazionali” e il lavoro fisico di Pauli: la dialettica archetipale del tre e del quattro
con l’introduzione di un quarto numero quantico legato allo spin delle particelle, da
cui deriva quel famoso principio d’esclusione che regola l’intera chimica; i sogni di
immagini speculari e di riflessioni con la formulazione della simmetria CPT e così
via. Difficile dire se i sogni fossero una sorta di precipitato onirico dei problemi
fisici, o se fosse piuttosto il materiale inconscio a nutrire la creatività del fisico. La
risposta più “ragionevole” è offerta da Jung, che postula un dialogo continuo tra l’io e il sé-inconscio, e dunque un passaggio da un dominio con sintassi e semantiche
fortemente vincolate ad un altro dove i vincoli vengono meno e permettono forme di
ibridazione tra aree del pensiero e dell’esperienza meno “logiche”, ma che favoriscono l’emergere di quelle che chiamiamo intuizioni e idee creative.
Il criterio di “compatibilità”
In un certo senso la storia di Pauli è emblematica di come sia la qualità del livello razionale di un individuo a nutrire le sue risorse simboliche. Su queste basi ritengo che si possa estendere a molti approcci simbolico-intuitivi il criterio di “compatibilità” sviluppato in tanti secoli per evitare lo scontro inutile tra scienza e teologia, la coesistenza naturale di quelli che Jacques Maritain chiamava gradi del sapere. In altri termini, dichiarare una guerra tra razionale e simbolico significa consegnarsi ad una schismogenesi perenne.
Scriveva Cornelius Castoriadis, che del mio underground era uno degli assi portanti: “Pensare non è uscire dalla caverna, né sostituire all’incertezza delle ombre i contorni definiti delle cose stesse, alla luminosità incerta di una fiamma la luce del vero sole. È piuttosto entrare nel labirinto, cioè esattamente fare in modo che ci sia e appaia un labirinto”. Del resto simbolo etimologicamente significa “gettare assieme”, e la configurazione che appare per Jung indica ma non esaurisce e non definisce, è un catalizzatore indefinito di significati.
Le cose sottili
Torniamo adesso alle energie sottili, cercando un filo conduttore tra le varie
“definizioni” proposte, e senza pretendere alcuna esaustività. Alcune trattazioni
iniziano con energie fisiche “non dense”, che producono quelli che si chiamano
“effetti non di soglia”, tematica ben nota con i campi elettromagnetici. Si passa poi ai
benefici dell’aria ionizzata in alta montagna, cosa che abbiamo imparato leggendo
della convalescenza del povero Hans Castorp. Fin qui niente di strano, il nostro corpo
è uno strumento sensibilissimo che definisce il rapporto con il mondo. La cosa
diventa di più difficile comprensione quando si tira in ballo l’energia orgonica o il
reiki come forma di “energia universale” e si cerca un appiglio nell’informazione
attiva di David Bohm, che è stato uno dei maggiori rappresentanti della seconda
generazione quantistica.
David Bohm
Quando lo conobbi io, nei suoi ultimi meravigliosi quattroanni al Birbeck college, mi sembrava piuttosto deluso delle mitologie fiorite attorno al suo dialogo con Jiddu Krishnamurti, persona di cui non amava parlare.
Posso solo immaginare cosa proverebbe oggi girando per il web. Il punto è che l’informazione attiva di Bohm non ha nulla a che fare con l’energia ma con i pattern di probabilità associati a un sistema quantistico, un po’ come le traiettorie virtuali dei (più noti, spero) cammini di Feynman (per il lettore informato – è il caso di dirlo – suggeriscodi cercare in rete Bohm trajectories and Feynman paths in light of quantum entropy, scritto con D. Fiscaletti). Dunque le energie sottili o non esistono o sono altro.
E che sia questa la necessaria conclusione appare evidente quando leggo che nella categoria rientrano le “energie radianti psichiche” emanate da persone allegre, empatiche, comunicative (positive) oppure frustrate, aggressive, stressate (negative), oppure il dialogo con “entità” caratterizzate da un confuso status ontologico. In questi pochi esempi è racchiusa tutta l’ingenuità di certa new age, ancora collegata alla vecchia dicotomia spirito/materia, al “positivismo” dei tavolini danzanti delle sedute spiritiche della Blavatsky, alla difficoltà di comprendere la forza effettiva che i sistemi simbolici hanno sulla capacità generativa della cognizione (Paul Ricoer diceva: “il simbolo dà a pensare”), ma anche sul piano della concretezza degli atti cognitivi che è l’embodiement, lo stare nel mondo oltre ogni confine cartesiano con una mente estesa che pensa con un corpo di significati (vedi il libro di Anne Murphy Paul, La mente estesa. Pensare meglio smettendo di usare solo il cervello, ROI, 2022).
Carl Gustav Jung
Gli archetipi di Jung, poi, si situano a un livello ancora più profondo del
simbolo, come matrice di rappresentazioni e induttori di stati mentali, Jung li
paragona al letto di un fiume abbandonato dall’acqua ma pronto ad essere di nuovo
irrigato e dare così una forma a nuovi stimoli. In termini più moderni potremmo
identificarli come stati d’attesa della mente incisi dalla storia culturale che
attraversano la vita collettiva e quella individuale.
Libido e mentalica statistica
Un esempio classico è proprio quello che arriva dai padri della psicoanalisi quando
parlavano di “energia libidica”, espressione che potrebbe sembrare vicina al
grammelot pseudoscientifico delle energie sottili, ma che in realtà tocca una
questione che soltanto adesso la neurofisiologia riesce a mettere a fuoco e che qui
preferisco raccontare sotto forma di un problema matematico formalizzato
nell’ambito dell’IA, chiamato da Doug Hofstadter “mentalica statistica”. Le prime
forme di IA puntavano ad una rappresentazione della conoscenza attraverso la
manipolazione logico-simbolica, più avanti si affermarono i modelli subsimbolici
basati sulle reti neurali dove il processo del ragionamento non era trasparente come
nelle prime ma nasceva dall’attività collettiva della rete. Per fare un esempio, nella IA simbolica “cane” è qualcosa rigidamente collegato ad un framework di attribuzioni
del tipo < abbaia; ha quattro zampe; etc.> mentre in una rete neurale è una dinamica emergente. La questione diventa: è possibile una corrispondenza biunivoca tra sistemi simbolici e subsimbolici? La risposta è arrivata da un raffinato lavoro di Paul Smolensky ed è un netto “no”; si tratta di due livelli di descrizione diversi. Il no
diventa esponenzialmente più grande se invece di strutture matematiche come quelle dell’IA rivolgiamo la nostra attenzione al groviglio wet e hot del nostro sistema neurale, e consideriamo che la stessa formazione dei concetti dipende dalla storia individuale (in altre parole: ‘cane’ in me è diverso da ‘cane’ per qualcun altro).
Questo è il motivo per cui, in mancanza di dati e teorie in grado di connettere il
macrolivello del comportamento, delle idee e del linguaggio con il microlivello degli
stati cerebrali, problema molto sentito dal “positivista” Freud, i padri della
psicoanalisi furono costretti a inventarsi un’espressione come energia libidica, e
ricorrere a metafore di alto livello come “rimozione di vincoli”, “pulsione” (che non
implica come lo stimolo necessariamente una risposta motoria) o “conflitto”,
espressioni che indicano mutazioni dinamiche sul piano sia mentale che fisico e
mostrano dunque le correlazioni tra il sistema concettuale ed emotivo del paziente e i suoi stati organici (vedi: Ignazio Licata, La Logica aperta della mente, Codice 2008;
Complessità. Un’introduzione semplice, Di Renzo 2018).
Ignazio Licata *
(fine seconda parte)
- Fisico teorico, direttore scientifico dell’ISEM, Institute for Scientific Methodology per gli Studi Interdisciplinari con sede a Palermo.Si occupa di fondamenti della teoria quantistica, modelli matematici dei processi cognitivi e teoria della computazione nei sistemi fisici e biologici.Editor dell’ Electronic Journal of Theoretical Physics e di Quantum BioSystems, è autore dei volumi “Osservando la Sfinge” ( Di Renzo, Roma, 2003), e “La Logica Aperta della Mente” (Codice Edizioni, 2008), ha curato le antologie “Majorana Legacy in Contemporary Physics” ( EJTP/Di Renzo, 2006), “Physics of Emergence and Organization” (World Scientific, 2008), “ Landau Centenary” (Nova Publisher, 2009). Per la sua attività di frontiera tra fisica teorica, epistemologia e scienze cognitive gli è stato assegnato il Premio Le Veneri per la Scienza 2008.Cura il blog “ApertaMente”:http://ignaziolicata.nova100.ilsole24ore.com/https://en.wikipedia.org/wiki/Ignazio_Licata