La corrispondenza
C’è una teoria ardita quanto affascinante che vede nelle tele di Edward Hopper delle illustrazioni ante litteram ai racconti di Raymond Carver, e nei racconti di Raymond Carver delle didascalie postume alle tele di Edward Hopper. La corrispondenza tra i due artisti è lampante: in entrambi va in scena il controcanto del sogno americano, incarnato in una serie di figure o personaggi che escono invariabilmente sconfitti dalla partita con la vita.
Carrozza passeggeri, Edward Hopper
Nel quadro Carrozza passeggeri (il dipinto è datato 1965) Edward Hopper dispone quattro figure all’interno di un vagone che sembra tutto fuorché un treno. I finestrini sono veri e propri lucernari, la porta dello scomparto, anch’essa sovradimensionata, è chiusa e si confonde con la tappezzeria (invece di aprire un varco, lo annulla).
La dinamicità del sole che si riflette nel corridoio in quattro riquadri è svilita dalla staticità di una carrozza volutamente congegnata per essere irriconoscibile (ma la luce, pur profusa a piene mani, in Hopper non offre mai conforto, è un sole che quasi mai ristora).
In una sorta di espressionismo rovesciato (o raffreddato), è l’interno dei quattro personaggi ad essere una mera protesi dell’esterno: ciascuno, parafrasando una celebre frase della Karenina di Tolstoj, è solo a modo suo. La donna in primo piano a destra della tela è assorta tra le pagine di un libro, la seconda donna a sinistra la guarda, la terza donna a destra guarda un uomo sulla sinistra, l’uomo sulla sinistra contempla l’uscita non uscita di cui si è detto (cioè, per estensione meta-pittorica, il quadro stesso). La simmetria artatamente concertata (due figure a destra, due figure a sinistra) viene spezzata dagli sguardi intermittenti per cui chi guarda non viene riguardato.
Non è indifferenza, quella di Hopper, ma un tentativo sempre frustrato di mettersi in contatto con gli altri. Per usare una parola molto abusata nel XX secolo (e non a caso) si tratta di incomunicabilità (una comunicazione a corrente alternata presto o tardi provocherà un corto circuito, poco ma sicuro). Per di più l’assenza comunicativa inizia e finisce a causa di due manufatti artistici: un libro per la prima donna a destra; il dipinto stesso per l’ultimo uomo a destra. L’arte non può salvare l’umanità, ma soltanto sublimare la sua solitudine, pare ammonire diabolicamente ironico Hopper. La pausa (in chiasmo) degli sguardi era già rappresentata dalla staticità della carrozza, dal suo costituirsi come moto apparente.
Il Treno, Raymond Carver
Nel racconto il Treno (incluso nella raccolta Cattedrale, uscita nel 1981) Raymond Carver presenta tre personaggi nella sala d’attesa di una sperduta stazione ferroviaria. Di uno (una donna chiamata Miss Dent) sappiamo che aveva puntato una pistola su un uomo, molto probabilmente per questioni di cuore; degli altri due (un uomo e una donna) che sono conciati stranamente:
“Nonostante la sera si fosse rinfrescata non portavano il soprabito, e l’uomo era anche privo di scarpe”.
Carver insomma introduce degli elementi carichi di suspense, senza però la reale volontà di trasformarli in racconto. Di questi tre personaggi non ne sapremo niente, se non che sono vagamente insoddisfatti: “pareva che emanassero un senso di agitazione”.
Quando arriva il treno e i passeggeri li vedono salire, uno dopo l’altro, strampalati e male assortiti, si fanno le stesse domande del lettore: “Cosa poteva averli spinti a lasciare le loro abitazioni?”.
E proprio come il lettore alla fine di un racconto, quando il treno riparte “I passeggeri ricaddero nei loro pensieri, meditando le stesse cose che li avevano tenuti impegnati prima della fermata”. Apparentemente non succede nulla, sembra venire descritta una situazione banale e anche un po’ noiosa, priva di sviluppi, ma gli elementi esteriori qui non si risolvono in loro stessi, servono per accedere ad altri livelli di comprensione, alludono a una dichiarazione d’intenti meta-letteraria (fenomeno raro in Carver). La cosa che conta, l’essenziale, è già stato raggiunto nel tacere su quei personaggi, la storia accade nella pausa delle loro vite, in una sala d’attesa tra un viaggio e l’altro.
Luca Ricci*
*Luca Ricci è nato a Pisa e vive tra Roma e Venezia. È considerato uno dei migliori scrittori italiani di racconti. Tra i suoi libri ricordiamo L’amore e altre forme d’odio, Trascurate Milano e il ciclo delle stagioni, Gli autunnali, Gli estivi, Gli invernali (tutti editi per La nave di Teseo). Scrive racconti per il quotidiano Domani.