martedì, Settembre 17, 2024
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    Il poeta Gabriele Galloni, scomparso poco più di un anno fa

    Gabriele Galloni

    Gabriele Galloni nasce a Roma nel 1995 e pubblica le sue prime sillogi da giovanissimo. In aperta polemica con il mondo editoriale, decide di mandare avanti uno scherzo antropologico o, se si preferisce, una semplice ma ardita provocazione: si spaccia per una giovane donna delle periferie laziali, autrice di una poesia violenta ed estrema nell’erotizzazione delle figure sacre alla psiche, come quella materna. Un linguaggio turpe rende estremamente accattivanti queste poesie.

    La collaborazione con Pangea di Davide Brullo e Matteo Fais

    In una intervista di Matteo Fais su Pangea, Galloni ha dichiarato che con questo “esperimento sociale” avrebbe voluto “dimostrare la vacuità dell’editoria italiana e, in particolar modo, di molti lettori di poesia” e, in effetti, ci è riuscito: ha ricevuto un sacco di proposte editoriali che, poi, davanti alla sua vera identità sono state ritirate.

    Talento giovane e maturo

    Gabriele, liberatosi da pseudonimi e personaggi di fantasia, oggi è considerato un talento al contempo giovane e maturo, legato a vari topos come la periferia (il Trullo, dove è nato e cresciuto), il corpo, la morte, il tempo. Compare anche l’amore, accompagnato e trasfigurato in una tensione di ricerca. Cosa Gabriele cercasse, però, è un mistero annidato nella metafora e nelle immagini visionarie e surrealistiche.

    ”L’estate del mondo”

    “L’estate del mondo”, edita da Marco Saya nel 2019, è una delle sue sillogi più amate, in cui la ricerca della parola e la sensibilità al peso di ogni singolo lemma sono determinanti in un contesto lirico agile e consapevole.

    E’ un’opera che si può definire notturna: la luce ricorre come topos, come correlativo oggettivo e come ossessione. Il giovane poeta attinge a un immaginario comune – ma mai scontato – per utilizzarlo come simbolo e come narrazione testimoniale di quella plasticità ontologica cara ai più giovani: “Luna di luglio: dalla tua finestra/scoperta di sfuggita sopra il mare./Per poco, ma l’abbiamo fatta nostra/pensando fosse un fondo di bicchiere”.

    Nei testi ambientati di giorno affiora compulsiva l’attesa della notte, del buio come rifugio, del raccoglimento che non è solitudine ma intima elaborazione dei fatti, delle memorie e delle cose immaginarie: “Un sogno dell’estate; delle/stanze serene dove, perdonato/finalmente da te, assolvo le stelle”.

    Una malinconia latente conduce il verso a un suono morbido, narrativo ma non prosastico, agevolato da endecasillabi o settenari che imprimono un andamento svelto e armonico.

    Il luogo diventa epifania di senso e di sanzioni, è un’esperienza condivisibile che trae linfa dall’univocità dell’esperienza privata.

    La poetica di Galloni

    Quella di Galloni è una poesia giovane che approfondisce la sua giovinezza, non la respinge, non la camuffa e la attraversa con perseveranza. L’autore la utilizza come chiave linguistica e psichica, ma anche retorica, per accedere a stadi di coscienza reconditi: “Non sai più dire quando torneremo./Noi siamo adesso le ultime creature,/siamo cresciuti – e in fondo è stata breve/questa vacanza al di là della terra”.

    Affiora un eros onirico, sfuggente seppur ben definito, che si unisce – o si scinde per individuazione – con la morte, con l’amicizia, con l’idea di fatalità o di fato: “Il mare non ci apparve che al mattino,/lungamente cercato/tra la testiera del letto e il cuscino;/nello spazio tra il materasso e il muro”.

    Avviene, talvolta, nelle poesie di Galloni uno sfalsamento delle dimensioni temporali, delle fasi della vita e dei cicli esistenziali cui l’uomo non può sottrarsi ma a cui può imprimere un moto di sorvegliante coerenza o di autenticità: “Tu indossi un abito che è identico/a quello che amerai una volta viva”.

    La periferia è luogo di individuazione, di relazione e di trasfigurazione. Le case popolari appaiono come simbologie ambivalenti, perfino ambigue.

    L’autore instaura la narrazione di un immaginario che paventa un’antropologia in perenne relazione con la morte e con i morti, benché probabilmente non ci sia nessun intento antropologico: la riflessione si estende a un piano metafisico introdotto e innescato nel reale, nel contingente che si espande fino al suo superamento e nel dato biografico-simbolico.

    Compare anche il concetto di lontananza che ritorna- una forza attrattiva non esterna ma atavica – attraverso cui rimanere in contatto con ciò che non è realizzato o realizzabile: “L’eternità felice/del tuo viso indagato controluce-/dalla Magliana vecchia alla mia stanza”.

    La luna acquisisce sembianze creaturali e fortemente simboliche

    Individuare connessioni letterarie e storico-artistiche sarebbe come andare alla ricerca di ipotesi ermeneutiche esterne alla parola stessa che si cerca di comprendere: Gabriele ha messo in mezzo tutto l’arsenale di idee, storie vissute, letture, ferocia e dolcezze che ha raccolto nei suoi pochi anni e lo ha reso disponibile e comunicabile.

    Lì dove il verso appare più visionario, è forse proprio dove la marcatura realistica si esprime con maggiore intensità. Ciò rappresenta, nella sua valenza intrinseca ed estrinseca, come significato e come significante, l’immagine più nitida, ironica e drammatica della solitudine intesa come intuito poetico calato nel disorientamento della contemporaneità.

    Come ha sottolineato il poeta e giornalista Mario De Santis in una intervista ad Affari di Libri dedicata al giovane Galloni su Radio Radio, la sua poesia manifesta la consapevolezza di “un elemento di privazione del futuro” che insidia l’auto-percezione intellettuale dei giovani.

    Se, come ha specificato la giornalista e conduttrice della trasmissione, Mariagloria Fontana, il linguaggio parla sé stesso e non è soltanto parlato, così vale per la poesia più riuscita che scorre in un flusso percettivo capace di andare oltre il tempo e lo spazio di chi scrive e di chi legge.  E’ ciò che accade per i versi di Gabriele e per chi continua a leggerlo, a ricordarlo e ad ascoltarlo nel presente.

     

    Gisella Blanco

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