Agosto è il mese in cui tutto chiude e si ferma, chi lavora va in ferie, non è
proprio il momento migliore in cui in avviare un cantiere, eppure questo è
quanto viene chiesto a Caterina — Nina —, protagonista di Nina
sull’argine, minimum fax, Veronica Galletta, finalista del Premio Strega 2022.
Le chiusure estive e la scarsa manodopera non sono le sole difficoltà
che Nina si trova ad affrontare per realizzare un nuovo argine a Spina, frazione
di Fulchré, nell’alta pianura padana: è una donna che lavora in un mondo di
uomini, qualcuno prova a chiamarla “signora”, anziché “ingegnere”, e questo la
indispone; è fresca di studi e non ha esperienza, quel cantiere rappresenta il
suo primo incarico; i colleghi e il suo superiore non la stimano né
tantomeno la consigliano; deve fare i conti con chi si oppone o ostacola i
lavori, gli ambientalisti della zona, che organizzano delle proteste, alcuni
proprietari, che non vogliono cedere la propria terra per la costruzione
dell’argine.
La sua relazione con Pietro è improvvisamente finita, lui se ne è
andato da un giorno all’altro, senza dare troppe spiegazioni.
Nina si ritrova, pertanto, come sospesa sullo stesso argine che deve
costruire: non ha punti di riferimento, che la aiutino o sostengano, è
sostanzialmente sola nell’affrontare le difficoltà, dentro e fuori il
cantiere, e nell’intimo, senza posa, cerca di comprendere quanto è
successo alla sua relazione.
Giorno dopo giorno, Nina va avanti, questo soltanto riesce a fare: gestisce
il cantiere di Spina, “amministra” e scandaglia la propria esistenza.
Quando arriva l’inverno e la nebbia avvolge case, campi, cantiere
e strade, Nina si trova avviluppata nei propri pensieri e mansioni, vaga dagli uni
alle altre, senza tregua, stremata, tanto che, giunta quasi alla fine dei
lavori, arriva addirittura a dubitare di riuscire a portarli a termine; ma è
soltanto un’esitazione momentanea. La determinazione e la forza
d’animo, infatti, non le mancano; in cantiere, inoltre, ha trovato anche
chi, figura reale o fantasma non le importa, le offre consigli e
le consente di ricostruire quanto è successo a Spina, prima del suo arrivo.
Così, tra lunghi viaggi in automobile per raggiungere il
cantiere, sopralluoghi e collaudi, visite alla signora Bola, ostinata proprietaria
fondiaria in lotta contro chi vuole realizzare quell’opera, Caterina porta avanti i
lavori di costruzione dell’argine e, al tempo stesso, ricostruisce sé stessa.
Nina sull’argine è un romanzo di attese e sospensione, di fitte nebbie,
“epifanie” e visioni quasi oniriche, di notti insonni e risvegli precoci, di pranzi di
lavoro a base di parmigiana e codegone.
È un romanzo di solitudini e ricostruzioni: oltre a Nina, anche il geometra
Bernini, che dirige i lavori per l’impresa appaltatrice, si trova a reinventarsi a
partire dal cantiere e dagli impegni di lavoro, che danno forma al quotidiano,
ne rappresentano l’ossatura, ma spesso finiscono con l’esondare nel privato e
travolgere chi non riesce a porgli un limite.
Nina sull’argine è un romanzo coraggioso, di estrema grazia e pacatezza, sulle ombre e le insidie proprie del mondo del lavoro, specie per chi realizza opere pubbliche. A tali insidie Caterina — e, per suo tramite, probabilmente anche l’autrice — impara a contrapporre un argine e a prenderne le distanze.
La lingua e lo stile sono asciutti, talora tecnici, sempre precisi, ma
attingono all’ampia gamma di immagini, colori e suoni che la penna di Galletta
possiede, dosa e dipana con perizia a mano a mano che la costruzione degli argini.
Flavia Todisco