Ancorato alle grotte tufacee del litorale di Posillipo, su quella parte del promontorio protesa sul mare conosciuta come lo “scoglio della sirena”, Palazzo Donn’Anna a Napoli sembra emergere dall’acqua come un’ancestrale creatura marina.
Definito un “Palazzo-scultura” per la speciale combinazione di natura e architettura, preserva inalterato il fascino romantico di un’antica rovina, quella particolare seduzione che nasce dall’incompiuto e da un carattere decadente che lo pone fuori dal tempo.
La cronaca storica racconta di un edificio costruito nel 1642 per volere della viceregina Donna Anna Carafa, consorte del viceré Ramiro Núñez de Guzmàn duca di Medina.
Il progetto venne affidato a uno degli architetti più in voga in quegli anni a Napoli, Cosimo Fanzago, che lo realizzò secondo i canoni tipici del barocco napoletano ispirandosi anche all’architettura veneziana del Cinquecento.
Tuttavia l’opera rimase incompiuta a causa della rivolta e dei moti del 1647- 48 e della morte di Anna Carafa da cui il Palazzo ha preso il nome.
I riflessi dell’acqua animano le superfici corrose dal vento e le incrostazioni marine di questa maestosa e labirintica architettura aperta sul mare e sulla meravigliosa vista del golfo di Napoli.
Nel corso degli anni i crolli, i saccheggi, i terremoti, gli abbandoni ne hanno consumato il ventre ma non la grandiosa imponenza che i racconti popolari hanno trasformato in un’aura sinistra.
La leggenda legata al palazzo
Alla storia, infatti, si è aggiunto nel tempo il mistero di un’oscura leggenda riportata dalla scrittrice Matilde Serao in “Leggende napoletane” (1895).
Si racconta che Anna Carafa fosse solita organizzare per i suoi invitati spettacoli ai quali gli ospiti partecipavano come attori. Durante uno di questi la scena di un bacio tra i due personaggi fu talmente veritiera da suscitare la gelosia e l’ira della padrona di casa.
Il motivo di tanta rabbia era da attribuirsi al fatto che a vestire i panni dei due protagonisti fossero la bella nipote, Donna Mercedes de Las Torres, e il nobile Gaetano di Casapenna, un tempo amante di Anna Carafa.
Dopo l’episodio la giovane attrice scomparve misteriosamente e Gaetano la cercò ovunque, invano, fino alla morte. Si dice che i fantasmi dei due innamorati vaghino ancora nelle stanze del Palazzo cercandosi senza incontrarsi mai, tormentati da quello della crudele Anna responsabile della sparizione.
Scrive Matilde Serao: Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie…
Di notte il palazzo diventa nero, intensamente nero; si serena il cielo sul suo capo, rifulgono le alte e bellissime stelle, fosforeggia il mare di Posillipo, dalle ville perdute nei boschetti escono canti malinconici d’amore e le malinconiche note del mandolino: il palazzo rimane cupo e sotto le sue volte fragoreggia l’onda marina.
Nel romanzo Ferito a Morte di Raffale La Capria
Il Palazzo è anche uno dei luoghi del romanzo di Raffaele La Capria “Ferito a morte”. Vi abita il personaggio protagonista, Massimo De Luca, alter ego dello stesso autore vissuto proprio qui prima del trasferimento a Roma nel 1950.
Nella parte iniziale del romanzo si legge di un raggio di luce che entra nella stanza di Massimo mentre sta ancora dormendo.
Non sappiamo ancora nulla di lui, della sua casa e di cosa ci sia fuori ma la luce tremolante di quel mare così vicino da far sembrare la stanza in cui si trova immersa nell’acqua, inonda e intona l’intero libro tanto da far dire allo stesso autore che senza quel Palazzo non ci sarebbe ciò che ha scritto.
Può dire dalle vibrazioni di quei colpi nell’aria com’è fuori il tempo, e sente la grande giornata ferma sulla città, il palazzo che naviga nel mare, la luce che preme sulla finestra e scoppia dalle fessure delle imposte.
Apre gli occhi. Oscilla sulla parete bianca il grafico d’oro, trasmette irrequieto senza soste il messaggio: è una bella giornata – bella giornata. (Raffaele La Capria, da “Ferito a Morte”).
”Tregua dal dolore”
Posillipo in greco significa “tregua dal dolore”, e proprio in questa porzione di terra protesa verso l’infinito del mare sorge questo palazzo che appartiene contemporaneamente alla Natura e alla Storia, che rappresenta l’immagine ambigua di una delle tante anime di Napoli e la cui vista apre visionarie e inattese prospettive.
Eliana Cupiccia